Cronologia

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1838

Il 1° maggio, Francesco Ranzoni – calzolaio, figlio di Giulio e Lucia Tonazzi, domiciliato a Intra – sposa Elisabetta Franzosini – senza professione (più tardi classificata sarta o levatrice), figlia di Cesare e Giuseppa Della Rossa. Avranno sei figli. Daniele è il quartogenito, prima di lui Maria Giuseppina Palmina – che nasce il 23 marzo 1839 (e morirà nel febbraio 1843) –, Prospero Giuseppe – 14 dicembre 1840 (morto pure prima della nascita di Daniele) – e Maria Virginia Giuseppa – 23 maggio 1842.

1843

 Giovanni Daniele Ranzoni nasce a Intra il 3 dicembre. Il 1° gennaio 1853 nascerà il fratello Antonio Remigio e il 2 agosto 1854 l’ultimo, Augusto Matteo Giulio.

1852-1856

Un talento precoce 

A soli nove anni, Daniele manifesta già chiaramente le sue inclinazioni, tanto che alcuni signori di Intra intervengono presso il padre perché permetta al figlio di frequentare il corso serale di disegno, tenuto dal professor Luigi Litta (1813-1891), un modesto pittore lombardo, trasferitosi dal 1848 a Intra, dove insegnava disegno presso le scuole tecniche, continuando a svolgere la sua attività di ritrattista e pittore di vedute. Ranzoni studia con lui dal 1853 al 1856.

1856-1864

Tra Milano e Torino, la formazione accademica  

1856-59

Milano

Ammesso alla Regia Accademia di Brera il 18 novembre 1856, arriva tredicenne nella Milano austriaca, sostenuto finanziariamente da personalità intresi. Conosce Mosè Bianchi (1840-1904), Tranquillo Cremona (1837-1878), e lo scultore Giuseppe Grandi (1843-1894). Frequenta la classe di Giuseppe Sogni (1793-1874) e il 28 agosto 1857 ottiene il primo premio per la Scuola d’ornato.

1859-1860

Torino

Su decisione dei mecenati di Intra, conclude la Scuola d’ornato all’Accademia Albertina di Torino. Vittore Grubicy (1890) scrive circa l’influenza del Fontanesi sul giovane Ranzoni, ma Antonio Fontanesi (1818-1882) in quel momento, era arruolato nell’esercito piemontese, e soltanto due opere compaiono alla Promotrice. Forse fu influenza mediata dal marchese di Breme, acquafortista dilettante e, appunto, convinto fontanesiano (con Fontanesi aveva studiato).
Per l’interessamento del marchese di Breme, il 22 settembre 1860, Ranzoni è accolto fra i “nuovi pensionari per le belle arti del Collegio Caccia di Novara”, che significava una borsa di studio di quaranta lire mensili, per otto mesi, rinnovabile. Destinato a Torino, “le jeune et très distingué élève de l’Académie Albertina” (come lo definisce di Breme nella lettera conservata all’archivio del Collegio Caccia) è però autorizzato “per convenienza di famiglia” al trasferimento a Milano. 

1860 - 1864 Milano

A Brera, scuola di pittura con Giuseppe Bertini. Frequenta poco, a causa della salute malferma. Dal novembre 1863 al febbraio 1864 è presso i genitori, ammalato, come dalla corrispondenza con il Collegio Caccia. Sempre per volere degli amministratori collegiali è di nuovo all’Abertina nel 1864. Inizia l’anno accademico solo a febbraio per via delle “emicranie” che lo costringono a casa. Allievo di Andrea Gastaldi (1826-1889), nel luglio ottiene il secondo premio di pittura.
Mal inserito e a disagio nell’ambiente torinese, chiede di poter tornare a Brera, ma nell’agosto il Caccia gli comunica il rifiuto e il termine del pensionamento. 

  • Ernesto Fontana,  Alcuni scolari dello studio Bertini all’accademia di Brera [1862], Ranzoni è il secondo in alto a sinistra. Museo civico di Belle Arti, Lugano.    
  • Autoritratto 1865, olio su cartone, 42 x 30cm, Non rintracciato. Cercasi. Non esistono autoritratti in età adulta. 

1864 - 1868

L’esordio ad Intra

 Periodo di intensa attività pittorica a Intra; sviluppo di una tavolozza chiara, uso di colori puri.
Vive con i genitori in piazza del Teatro, nel palazzo oggi sede della Biblioteca Ceretti. L’antiquario Scavini di Intra gli presta una soffitta dove sistemare lo studio. Iniziano i rapporti con l’aristocrazia internazionale che frequenta il lago: i marchesi Della Valle di Casanova (ai cui figli rifiuta di dare lezioni sostenendo di aver egli stesso ancora troppo da imparare); i principi Troubetzkoy, appena arrivati; i baroni Francfort.
Il principe Pierre Troubetzkoy (1822-1892) di nobilissima famiglia russa  aveva sposato in seconde nozze la cantante lirica americana Adelina Winans, detta Ada (1831-1917). Nell’aprile 1864 nasce a Milano il loro primogenito Pietro (1864-1936), che diventerà ritrattista; la madre abbandona la carriera. Nel febbraio 1866, a Intra, nasce Paolo (1866-1939), il futuro scultore e nel maggio 1867 Luigi, detto Gigi (1867-1958). Nel 1868 i Troubetzkoy si sistemano a Villa Ada, la casa sul lago che si sono fatti costruire a Ghiffa. 

1867 - 1868

Fonda con il fotografo-pittore Giacomo Imperatori il “Circolo dell’Armonia”, un gruppo “scapigliato” locale di artisti, musicisti e intellettuali. Ne sono membri, tra gli altri, Carlo Franzosini, deputato al Parlamento, il medico patriota Restellini, l’architetto Giulio Aluvisetti, un Müller, cui si doveva l’introduzione del “telaio tessile”, l’avvocato Giovanni Battista De Lorenzi.
Intra e il Verbanese sono una mecca di fotografi e dagherrotipisti, tutti amici di Ranzoni: Carlo Luigi Gaetini (1825-1899), Antonio Petroli (1849-1925), lo stesso Giacomo Imperatori (1837-1888). La fotografia avrà forti influenze sui tagli compositivi ranzoniani.
Il 2 ottobre del 1868 il torrente San Bernardino rompe gli argini e allaga Intra. La piazza, il teatro, il vecchio ponte riportano danni gravissimi. 

1868 - 1878

La stagione scapigliata

1868 - 1873

Ranzoni, scosso dalla tragedia, nel novembre 1868 torna a Milano, con l’intenzione di arruolarsi nelle file garibaldine. Incontra Cremona che lo dissuade e lo ospita. Riprende così a dipingere, condividendo la “bohème” scapigliata milanese, senza interrompere gli stretti rapporti con Intra. Il catalogo dell’esposizione di Brera dell’agosto-ottobre lo dà residente in via Larga al 15. Per un breve periodo si orienta verso una visione rembrandtiana del ritratto, rinunciando alla tavolozza chiara del periodo precedente (fondi scuri, zona luminosa e coloristica su volto e mani). Corrisponde anche ad un momento di intensa attività grafica, di cui dà testimonianza il primo dei due Albi Pompili, oggi presso il Gabinetto di Disegno della Civiche raccolte del Castello Sforzesco di Milano, dedicato alla saga della Pia de’ Tolomei [1869-1879) CR.D150-D197. Archivio Fotografico Quinsac.

Nel 1868 Ranzoni inaugura lo stile di vita da ospite dell’aristocrazia con i tre mesi in casa dei conti Greppi. I quattro ritratti Greppi rappresentano una svolta decisiva, tecnica e psicologica; quello, imponente della contessa, dalle pennellate nervose, in tonalità di neri, grigi, bianchi madreperlaccei, gettate sulla tela senza disegno preesistente, con una pulsione passionale che ricrea la forma e la domina, “apre gli occhi al Cremona”. Se ne ispira nell’effigia di Rosa Sirtori in cui emula pennellate e composizione, senza ovviamente ottenere la stessa valenza emotiva.

Il decennio 1870 è ricordato come l’età d’oro della Scapigliatura artistica milanese. A reggerlo le personalità travolgenti di Ranzoni, Cremona e lo scultore Grandi, la trinità dei nani giganti, come ironicamente amavano definirsi per la comune piccola statura. Cremona, nato nel 1837, ha sei anni di più di Ranzoni e Grandi, entrambi del 1843. Nel sodalizio con Cremona si sviluppa una ricerca sulla pennellata e il cromatismo che la critica accomuna con ironia denigratoria. “La scuola del futuro ha due distintissimi rappresentanti…il signor Daniele Ranzoni e il signor Tranquillo Cremona…L’umanità veduta coll’occhio di quei due artisti perde immediatamente ogni limitazione di contorni, ogni certezza di dimensioni” [Yorik (pseudonimo del critico Pietro Ferrigni) Fra quadri e statue- Strenna ricordo della Seconda Esposizione nazionale di Belle Arti, Milano, 1873]. Nel 1872 Vespasiano Bignami crea “La Famiglia Artistica”, della quale Ranzoni è uno dei soci fondatori.
Lo stesso anno, il 26 luglio, muore il padre. 

1873 - 1877

Pur mantenendo una base milanese, per cui sui cataloghi di mostre si legge “dimorante a Milano”, si trasferisce sul lago Maggiore, a Villa Ada. La principessa Troubetzkoy è per Ranzoni la donna amata, ninfa Egeria che gli apre le porte della committenza internazionale altolocata. È maestro dei suoi tre figli e libero di invitare i suoi amici scapigliati; organizza anche, per qualche tempo, uno studio con Cremona a villa Ada. Vicinissimo, il Grand Hotel Pallanza; il più lussuoso del lago – edificato per iniziativa di Georg Seyschab su progetto dell’ingegner Pompeo Azari – riceve ospiti famosi tra cui il presidente degli Stati Uniti Ulysses Grant, l’Emiro Pascià Kedivè d’Egitto, e persino Richard Wagner. E per rimanere tra i famosi, nel 1873 Ada Troubetzkoy e il figlio Gigi rendono visita a Garibaldi, ospite di Benedetto Cairoli nella villa di Belgirate. In tale ambiente aristocratico e cosmopolita, Ranzoni organizza la sua esistenza di “society painter”, e forse per questo divengono rare le partecipazioni alle mostre ufficiali.
In quel periodo felice, forse l’ultimo per Ranzoni, la materia si fa più pastosa e torna protagonista il colore: verdi, azzurri, rossi, ocra e gialla, sostituiscono la scarna economia di mezzi del periodo precedente. La pennellata, sempre fluida, si allarga, pur senza perdere l’affascinate sensualità, e i personaggi ritratti paiono carichi di vitalismo appagato. La stagione inglese – anche se non tutta la produzione si può considerare rinvenuta- non ha segnato cambiamenti notevoli nel linguaggio pittorico di Ranzoni-
Nell’ottobre del 1877 i tre ragazzi Troubetzkoy sono mandati in collegio a Milano. Non è più giustificabile la presenza di Ranzoni in villa. 

1877-1880

Il biennio inglese

“In quell’epoca venne ad abitare, in uno chalet della nostra villa affittato per la stagione, una famiglia inglese: i Medlycott. Il signor Medlycott era appassionato di pittura e dipingeva paesaggi all’acquarello con vera maestria, tale da ottenere ottimi giudizi anche da Ranzoni. Così fra il dilettante e l’artista nacque vera amicizia e vicendevole ammirazione. Il signor Medlycott cercò di persuadere Ranzoni a recarsi con lui in Inghilterra, dove gli pronosticava un grande successo. Ranzoni non era molto favorevole ad intraprendere il viaggio (..). Ma finì per cedere alle continue insistenze del signor Medlycott…” [dalle Memorie di Luigi Troubetzkoy, in Verbanus, n.3 1982 e Verbanus n.6, 1985]. Invitato dunque da Medlycott, Ranzoni arriva a Ven House, sontuoso palazzo alla Inigo Jones, sede del casato sin dal Settecento, a un chilometro circa da Milbourne Port, in quella campagna del Somerset dominata dall’imponente massa di Salisbury Cathedral.
Amici dei Medlycott sono i Paget, che ospitano Ranzoni a Cranmore Hall, presso Shepton Mallet, sempre nel Somerset. Ricostruita nel 1860, la dimora dei Paget era stata ampliata nel 1868 con l’aggiunta di una serra. Da queste due famiglie Ranzoni è lanciato come “society painter” della “gentry” - antica aristocrazia terriera - e anche della nuova borghesia economica. Va infatti nel Nord, a Ludlow nello Shropshire, da Edward Wood, commerciante arricchito che si è appena fatto costruire l’enorme palazzo di Culmington Manor (1870) e che fallirà nel 1880. Da lì è difficile recarsi a Londra con frequenza. Questa lontananza impedisce a Ranzoni di frequentare ambienti artistici o aggregarsi ad alcun sodalizio.
Infelice e isolato malgrado i lauti compensi, resta quasi tre anni in Inghilterra: vive di committenze e aspetta l’arrivo delle lettere da Intra, ritenendo i suoi guadagni indispensabili non soltanto alla famiglia, ma anche ai Troubetzkoy. Si era infatti ribaltata la situazione che lo aveva visto protetto dai principi, in specie dalla principessa Ada. Per frenare l’incalzante catastrofe finanziaria, il principe Piero Troubetzkoy si era messo in società con il fratello di Ranzoni, Remigio, nella conduzione di una piccola fabbrica di cappelli, finanziata in parte dagli invii di Daniele. Un’impresa disastrosa, il cui risultato magistralmente definì Giovanni Borelli “Cambiare in pochi feltri le tante sterline”.
Nel gennaio-febbraio 1878 Ranzoni è a Birling Manor, vicino a Maidstone nel Kent, dai Nevill. Il 10 luglio muore improvvisamente Cremona, a Pavia dove era stato chiamato a dirigere la Scuola d’Arte. Rimpatriato per i funerali, Ranzoni sosta brevemente a Intra, come testimonia una lettera in cui il fratello Remigio racconta alla sorella Virginia di averlo accompagnato alla “ferrovia” (17 luglio). Tornato in Inghilterra a fine anno, nel febbraio 1879 è a Londra dai baroni Fuller Acland Hood (Hood of Avalon), unica famiglia aristocratica solo indirettamente collegata con la “gentry”.

Intanto (1878) Frederic Leighton era stato eletto presidente della Royal Academy, al posto di Francis Grant; resterà in carica sino al 1896. L’anno successivo alla nomina, Leighton dovrà sostenere le accese polemiche sull’inclusione delle donne quali soci della Royal Academy: il consiglio non accetterà e si dovrà attendere sino al 1920.
Poco dopo l’elezione di Leighton, Ranzoni, spinto dai committenti, decide di presentare tre sue opere alla veneranda istituzione, senza le dovute premesse di uno specifico iter espositivo londinese, tipo l’esser già stato visto alla Fine Art Society, galleria privata con funzioni di “promotrice” sorta nel 1876 : errore strategico madornale, foriero di bocciatura , e in fatti nell’estate del 1879 , Ranzoni si vede rifiutare tutti e tre i dipinti presentati per l’ ”Annual Exhibition of Works of Living Artists”, nota proprio come esposizione d’estate. Per dare un’idea: le opere proposte erano 6.415 di cui solo 2.000 accettate; i visitatori accertati 391.197 e i biglietti stagionali venduti 2.878. Amareggiato, Ranzoni lascia l’Inghilterra per Milano, nel settembre 1879. 

1880 - 1889

Il ritorno in Italia, la fine di un mondo

1880 - 1885

Morto Cremona, a Milano la scapigliatura degli happenings di strada e dei dibattiti teorici nelle osterie è soltanto un ricordo. Villa Ada è stata venduta e la separazione dei coniugi ha scardinato la famiglia dei suoi ex allievi. Sul lago Maggiore la società cosmopolita che Ranzoni aveva immortalato sta rientrando in patria incapace di fronteggiare la crisi economica mondiale che mette fine ai fasti di un tempo. Suicidi e fallimenti si moltiplicano.
Forse per una sorta di reazione, il 1880 è, per Ranzoni, anno di grande creatività, con esiti che sono fra i suoi capolavori. Vive fra Milano (via Pietro Verri 18) e Intra, ancora coinvolto dalle sorti della fabbrica del fratello. È spesso ospite dei Pisani Dossi al “Dosso”, la loro villa di famiglia sopra Como. Ma gli tocca comunque prendere atto della distruzione di quel mondo che sottendeva la sua rappresentazione del reale. È in questo periodo che si manifesta con chiarezza la malattia mentale, e il 23 marzo 1885 è ricoverato all’ospedale psichiatrico di Novara, da cui viene dimesso il 6 maggio.

ll rientro per Ranzoni aveva segnato una svolta decisiva: l’elemento di incompiutezza che tanto disturba i committenti, diviene procedimento normale non perché- come si è voluto credere- venga meno l’energia psichica per concludere l’opera – ma perché risponde a un sempre più profondo inoltrarsi nel linguaggio romantico : il non finito inteso come infinito essenziale, metafisico. Sotto la pennellata ebbra di Ranzoni, la tela vergine regge l’immagine anche nei frammenti non coperti dal colore che rimandano l’attenzione dello spettatore sull’essenzialità di alcuni particolari. 

1885-1889

Dal dicembre 1885 al febbraio 1886, alle isole di Brissago, sulla sponda svizzera del Lago Maggiore, Ranzoni è ospite dei Saint Leger, conosciuti tramite i Troubetzkoy negli anni 1870; avevano acquistato le isole proprio nel 1885. Con lui è il pittore ticinese Filippo Franzoni (1857-1911). Il soggiorno restituisce grande creatività al Ranzoni. Figlia illegittima dello Tzar Alessandro II, la baronessa Antonietta Tsykos di San Leger (1856-1948), donna colta, mecenate di numerosi artisti e letterati, continuerà fino al 1920 a condurre la fastosa vita di quella raffinata classe cosmopolita che oramai aveva dovuto disertare il lago. A seguito della rivoluzione russa e di alcuni suoi investimenti incauti, Antonietta dovrà subire la vendita delle isole, la distruzione della villa e del parco da lei creati, e in fine morire nel 1948, vegliarda indigente, all’ospizio di Intragna. L’ammagliante immagine di lei, giovane e bramosa di vivere che ci ha trasmesso Ranzoni è uno degli esiti più alti della ritrattistica fine secolo.

Di nuovo a Intra, dopo una sosta a Miazzina dal pittore Camillo Rapetti (1859-1929), Ranzoni è ormai fisicamente e moralmente sfinito. La sua è una solitudine pressoché totale: tre anni in cui la morte si fa incalzante e sembra che egli sia venuto meno anche l’appoggio della madre che forse non aveva retto al ricovero. Morirà il 13 dicembre 1889, appena più di un mese dopo il figlio.

Ranzoni vive al caffè Verbano un locale in riva al lago gestito dal cugino Manrico Tonazzi che sarà testimone per l’atto di decesso.
La scarsa produzione è caratterizzata da esiti via via più espressionisti che sono tra i più sconvolgenti del tardo Ottocento. Dal 1882, le opere si fanno sempre più povere di materia, il colore più sotteso, creazioni astratte. I grigi hanno sfumature che non solo rimandano il cangiare della luce ma anche il logorio dell’artista davanti al modello e sembrano ribadire l’illusione del mondo visivo in un insuperabile estetismo della non-quotidianità. Nei capolavori pressoché bitonali dell’ultimo periodo, la tensione si carica d’angoscia nell’estenuarsi dei mezzi, nell’indefinibile manipolazione dello spazio, che si chiude sui volti dei protagonisti, nella fissità dello sguardo straniato, che non è loro ma di chi li dipinge.La morte non sopravviene come improvviso cedimento fisico, ma come fine di un lento e profondo logorio. Muore a Intra il 29 ottobre1889.

Nel gennaio 1890 Vittore Grubicy organizza una grande retrospettiva al Palazzo della Permanente di Milano. Informato dell’iniziativa dallo stesso Grubicy, Segantini gli risponde da Savognino: “Lego con piacere quello che mi scrivi di Ranzoni, hai fatto bene a fare quello che mi dici per Ranzoni così costui che moriva vivendo, morendo vive”. 

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